giovedì 15 maggio 2008

La differenza tra ciò che è bello e ciò che piace!


Ora come ora la bellezza non è determinante ai fini del giudizio estetico! Nel soggettivismo di oggi c'è tutto ciò che esprime la crisi dell'arte contemporanea. Si può dire che l'orinatoio capovolto di Duchamp sia bello? O che la dodecafonia di Schoenberg sia bella? No. Si può dire l'orinatoio di Duchamp mi piace... Il Novecento è un secolo che ha massacrato tutto ciò che è forma bella e ora la crisi dell'arte è il frutto maturato da raccogliere. Manca l'educazione alla bellezza... l'educazione scientifica ha dissolto l'educazione estetica e la ricerca del bello, della bellezza, che oggi presenta tratti archeologici e grotteschi. L'assenza dell'educazione estetica induce a dire che il bello è ciò che piace... ovvero, ora piace ciò che è brutto. Esiste ora come ora una sacralità nell'arte? Un emozione?
Nel Novecento esiste quella dimensione dell'arte tanto ricercata nel Rinascimento che funge anche da ponte dialogico tra chiesa e artista? Esiste quella ricerca di profondità, la ricerca del Sacro nell'arte, o almeno, può esistere nell'arte contemporanea dove la figura viene abbattuta a favore del simbolismo delle forme non forme?
Non saprei darmi una risposta... ma saprei citare un esempio di arte contemporanea profonda che mi ha letteralmemte stregato: un metrocubo di infinito!
Un' opera di Michelangelo Pistoletto del 1966 che trasforma l’arte nel punto di riferimento centrale. Una scatola dove gli specchi interni si riflettono l’uno nell’altro, creando un’estrema molteplicità. Il carattere segreto dell’infinito allude alla dimensione spirituale della creatività: a ciò che l’uomo non può vedere, ma che può immaginare.
L’opera è un simbolo importante di una visione che dà valore alle differenze, riunendole al contempo in un incontro rispettoso... dove la sacralità continua nella sua intenzione di destare l'emozione e di essere flusso continuo nell'arte e nel pensiero, nell'immaginario.

0 commenti: