lunedì 28 aprile 2008

TEST: Quanto vale la tua cultura generale ?

TEST DI CULTURA GENERALE ( clicca qui )

Perchè, se non sai rispondere...devi imparare a fingere!

mercoledì 23 aprile 2008

VIVA IL TRASH MAIONCHI!

lunedì 21 aprile 2008

STOP ALLE MAITRESSE DI LUSSO!!

L'estetica modaiola, l'orizzonte di ciò che è accettabile, vive di tempi ciclici, quindi mai nulla è definitivo. Almeno per il momento, però, l'epoca dello stile da maitresse di lusso, tutta tacchi chilometrici, minigonne minime, scollature abissali e sconcerie assortite, pare essere terminata. In giro, c'è voglia di qualcosa di soft; di qualcosa di meno diretto e aggressivo. Sono i tempi a chiederlo: rètina e spirito, bombardati di continuo, vogliono morbidezza, almeno in guardaroba.
Persino lo scoppiettante Roberto Cavalli, l'esuberante toscanaccio che alcuni anni or sono, lui però con tocco da maestro, diede la stura al fenomeno, poi fatto fermentare dalla ridda di copie e dalla cacofonia del tubo catodico, dichiara oggi che «l'ovvietà dell'apparire ad ogni costo, dell'urlo da rotocalco o da show televisivo mi ha stancato. Ho voglia di innocenza; di freschezza e candore. Di seduzione ingenua: irresistibile perché inconsapevole». Rinuncia così ai tubini seconda pelle e persino all'amato animalier, e crea una serie di abitini morbidi, da educanda, di batista color crema, di tuniche liquide con un solo immenso fiore stampato sopra, di pantaloni a zampa e gilet brulicanti petali di camoscio, e fa centro, rinnovandosi.

Anche Azzedine Alaïa, il re dello stretch estremo, della liposuzione in formato sartoriale, testa per la prima volta le gioie frizzanti di rouche e falpalà, confermando con un deciso giro di vite - dalla supervixen alla fanciulla in fiore, per intenderci – come i veri geni sono quelli che non si compiacciono, ma si sanno rinnovare anche a sessanta e rotti anni. Certo lui, come Cavalli, un tocco di seduzione, o se si vuole di perversione, lo aggiunge sempre, ma con inedita sottigliezza. Perché se i tempi sono cambiati, la dolcezza 2008 non è per nulla monolitica; al contrario, è un po' storta, birichina.
Lo sa bene quella provocatrice di Miuccia Prada: nel suo Giardino delle Delizie abitano fatine lisergiche vestite di pigiami di gazar, cardigan della nonna e gonnoni a matassa, ma non si capisce bene se tra tanti fiori sia Bosch, lo zucchero o lo zolfo a prevalere. Nicolas Ghesquière da Balenciaga è anche lui in mood floreale, e dispensa boccioli su abiti cortissimi, a clessidra e di neoprene, da dominatrice botticelliana: una figura, insieme, pericolosa e suadente.
Messi da parte lattice e metallo, e pure le fantasie da sex club, Dolce&Gabbana vivacizzano la grazia della silhouette new look con artistiche spennellate di colore, tra action painting e nuova gestualità: Da Miu Miu, infine, è la volta di un'aggraziata cocotte, un po' Colombina, molto reginetta di Pigalle, in cappa scultorea e miniabito vertiginoso, ma con il collo da grembiule. La nuova innocenza, è chiaro, è un gradevolissimo inganno.

martedì 15 aprile 2008

Francesco del Cossa: nel segno della lumaca.


Francesco del Cossa è un pittore Italiano, nato a Ferrara nel 1435, conosciuto principalmente per aver dipinto Il Salone dei Mesi di Palazzp Schifanoia di Ferrara. Un’impresa molto impegnativa nella quale il pittore dimostra già di padroneggiare un proprio linguaggio espressivo, caratterizzato dalla misura solenne degli spazi, figure plastiche e luminose, linguaggio tra l'altro influenzato dalle sperimentazioni di Pietro della Francesca ( rigore geometrico ) e di Cosmé Tura.
Una delle sue opere più importanti è "l'Annunciazione alla Vergine", ora conservato a Dresda, che ci porta a riflettere su determinate tematiche importanti nell'ambito artistico.

Cosa ci fa quella lumaca alla base del quadro, bavosa, che dall'angelo prostrato si dirige verso la Vergine? Perchè del Cossa ha voluto inserire un soggetto del genere in un'opera che doveva essere collocata come pala d'altare? Le domande a riguardo non sono incolore, specialmente se prendiamo in considerazione il fatto che, essendo l'opera collocata sull'altare maggiore, ogni qual volta il sacerdote avesse dovuto innalzare al cielo l'ostia avrebbe dovuto per forza di cose fare i conti con la lumaca posta alla base della tela.
Come mai una scelta del genere?
Molto spesso l'estro dell'artista porta alla rappresentazione atipica: ma perchè proprio una lumaca?

Nell'antichità la lumaca era una figura allegorica molto importante. Si credeva infatti che la lumaca venisse fecondata dalla rugiada della sera. Successivamente, l'allegoria della lumaca si fa forte di una filosofia prettamente mariana: il mollusco illibato, fecondato dalla brina della sera rimanda alla fecondazione di Maria per mezzo dello Spirito Santo.
Ogni dubbio, da parte degli iconografi deve essere necessariamente eliminato per non trasalire di fronte all'incompreso. I dubbi rimangono e questa spiegazione non basta. La lumaca non può essere semplice vezzo dell'artista o allegoria della verginità mariana, altrimenti si rintracciarebbero innumerevoli opere con riferimenti simili già dal medioevo.
Cosa sta ad indicare allora la lumaca?
Essa si inserisce in uno spazio aperto, contrapposta alla Madonna che si installa salda sotto un salda architettura. Alcuni studi, che porteranno poi alla realizzazione dell'alzato plastico delle architetture rappresentate nell'opera, dimostreranno come l'edificio dipinto sia immaginario, come non segua le regole della prospettiva lineare con punto di fuga centrale (nata in quegl'anni), ma sia frutto di un rilievo degli spazi e delle forme " ad occhio ", quindi seguendo una prospettiva trigonometrica o angolare, quindi una razionalizzazione personale della realtà.

Importante anche la colonna, che divide in due lo spazio, destro e sinistro, e si interpone salda a rappresentare Dio, suddividendo così la scena in veri e propri spazi determinati.
Secondo delle diagonali immaginarie che andremo a tracciare possiamo notare come la Madonna vada a legarsi strutturalmente con l'angelo. E la lumaca? La lumaca con Dio.
Dio che è raffigurato nell'ultimo piano in alto a sinistra secondo una silhouette che combacia perfettamente con quella del mollusco preso in considerazione.
Cosa vuol dire?
Dio e la lumaca.
Dio è la lumaca!
La lumaca che sembra trascinarsi dietro, con la sua lentezza, con il suo avanzare stanco e calmo, tutto il tempo. Non a caso, se andiamo a rifletterci sù, la lumaca si trascina molto spesso dietro l'allegoria del tempo che scorre.
E cosa centra Dio con il Tempo?
Nel medioevo molto spesso veniva associato Dio alla lumaca, un Dio Lumaca, come forma di rimprovero. Si rimproverava a Dio il fatto che, dal giorno della Creazione alla venuta del Signore, avesse lasciato correre troppo tempo.
Ma può una tesi del genere essere esaustiva? NO, non basta. La lumaca si porta dietro un segreto ancora più grande, è la chiave di lettura di tutta l'opera! Si dirige dall'angelo verso Maria, da Dio verso Maria. Si cerca, si cerca... fino a quando non si vede!
Il senso dell'opera nascosto. Non l'Annunciazione ma la Fecondazione.
Dio che feconda Maria, l'historia albertiana, la finestra aperta su un fatto specifico e non su tutta la realtà.
Il fatto che non si vede ma che avviene: nel grembo!
La Madonna che si alza le vesti quasi a farsi fecondare.
L'angelo che nel saluto indica la colonna-Dio!
La lumaca, che si porta dietro la sua casa, che si lascia fecondare dalla brina della notte, che si dirige verso la donna.
E intanto, in quel grembo, avviene una trasformazione.
La grandezza dell'arte nel rendere ciò che non può essere visto.
Che bellezza!
Quasi mi commuovo.

lunedì 14 aprile 2008

DESIGN FOR... il terzo millennio


Unisci un rivoluzionario designer giapponese di nome Issey Miyake, uno spazio di nome 21_21 Design Sight nel cuore di Tokyo e cinque talentuosi artisti giapponesi. E falli riflettere su una questione di stretta attualità, ma che farebbe impallidire molti pensatori contemporanei: la condizione umana nel XXI secolo. Da questo promettente connubio non può che nascere una mostra molto più che interessante. Il titolo, "XXIst Century Man" racchiude in sé il senso profondo dell'esposizione che, a otto anni dall'inizio del nuovo millennio, sceglie di porsi una domanda fondamentale: dove stiamo andando noi che adesso viviamo nel secolo che una volta era considerato il futuro? A cercare di dare una risposta a questo interrogativo esistenziale, con la chiara intenzione di lasciare una finestra aperta su un avvenire di speranza, le opere di designer che amano sperimentare e non si tirano indietro davanti alle sfide: Koutarou Sekiguchi,che ha realizzato con carta di giornale e nastro adesivo torri alte 7 metri; Yasuhiro Suzuki; Oki Sato, rappresentante dello studio Nendo, che ha creato una sedia in carta riciclata; Dui Seid e Dai Fujiwara, direttore creativo di Issey Miyake Creative Room. A metà tra il dietro le quinte e il palcoscenico, Issey Miyake, curatore della mostra ed espositore allo stesso tempo: eclettico stilista e designer sessantenne, incarna la speciale fusione di mondi e creatività diverse. Quelle di Tokyo, dove ha studiato design, Parigi e New York, città di cui ha saputo interpretare in modo innovativo le sensibilità e gli spunti artistici. Per XXIst Century Man, la prima esposizione da lui diretta, ha scelto una scenografia imponente e suggestiva: il 21_21 Design Sight. Lo spazio, creato un anno fa dallo stesso Miyake con l'architetto giapponese Tadao Ando, non vuole essere un museo ma uno spazio di ricerca nel quale la gente possa vedere il mondo oltre la perfezione – rappresentata dai 20/20 americani o i nostri dieci decimi – attraverso il design. Nell'ambito della mostra, aperta fino al 6 luglio, lo stilista espone manichini e abiti creati con carta riciclata con la tecnologia "washi". Per affrontare uno dei grandi problemi attuali: la dipendenza dai carburanti fossili. La tecnologia “washi” per la produzione della carta verrà impiegata per riciclare la carta avanzata dopo il processo di lavorazione, ponendo l’accento sui concetti di riciclo e conservazione. La carta riciclata verrà utilizzata per produrre capi d’abbigliamento e manichini, mentre la normale carta da pacchi sarà usata per creare spazi dinamici. Carico d´ottimismo il messaggio che il curatore Issey Miyake ha espresso in proposito: "Nella mostra XXIst Century Man vengono esplorate le modalità secondo le quali il design e il modo in cui oggi facciamo le cose evolveranno, nel contesto della lora relazione con il corpo umano.
Lo scopo è quello di offrire un’esperienza in cui i visitatori saranno invitati a meditare su questi argomenti e si spera, alla fine, a condividere le nostre aspirazioni per il futuro. Ulteriore speranza è che questa mostra riesca a incoraggiare un numero crescente di giovani ad impiegare le proprie mani e la propria testa in nuove maniere creative e produttive".

FOCUS ON BYBLOS






L' identità di Byblos è oggi sempre più delineata, presentando collezioni uomo e donna sofisticate, trendy e frizzanti. Il colore, le stampe glamour, l’uso innovativo di patchwork di tessuti, i dettagli ispirati allo sport e reinterpretati in una nuova versione urban-folk-chic, sono alcune delle caratteristiche presenti che contribuiscono ad infondere alle collezioni quello spirito contemporaneo e vivace che da sempre ha caratterizzato il marchio Byblos.
Immersi in un’atmosfera tra disco-dance e skatepark, dove volteggiano giovani e agili pattinatrici, Nella sfilata fall winter 08/09 by Byblos sfilano ragazze sport-glam che amano i contrasti di colore come fucsia e nero, bianco e giallo. E anche di dimensioni: su affusolate gonne e pants mega-flare indossano pull a punti giganti con altrettanto grandi colli e maniche. La silhouette dei cappotti (in versione sia bianco sia nero con coda) o dei giubbotti è sempre molto aderente al corpo con spalle ben segnate, anzi sottolineate da spalline e bordure. E per contrasto i capi da sera sono voluminose spume di petali, strisce o cannoli di tessuti nei colori trend della collezione: bianco, prugna, rosa bubble gum e nero. Tra gli accessori non mancano zoccoli con fasce di vernice colorata e borse patchwork.
Il front row ospita personaggi come Danielà Santanché che ha fatto del buon senso del vestire la sua migliore arma di seduzione. Byblos è un marchio nato nel 1973 per iniziativa di Arnaldo Girombelli della Genny Holding e del fratello Sergio. Gianni Versace vi collaborò dal 1977 al 1979 e a lui seguirono il francese Guy Pauline (1979-1982) e gli inglesi Keith Varty e Alan Cleaver (1981-1996). Dal 2002 Byblos è stato acquisito dal gruppo Swinger International Spa. Oggi la direzione artistica è affidata ad un team di stilisti: Stefano Citron, Manuel Facchini, Federico Piaggi e Greg Myler, alcuni dei quali si sono formati alla Saint Martin’s di Londra. Tra i segni distintivi della griffe il patchwork di tessuti, i dettagli ispirati allo sport, le stampe glamour, il colore deciso e gli spunti urban-folk. Le linee attuali sono per donna, uomo e bambino, ma nel mondo Bylblos rientrano anche alcune licenze come gli occhiali (Luxottica Group S.p.a), i profumi (Eurocosmesi S.p.a.) e le scarpe (Rodolfo Zengarini srl).ne, che ora forse ha un nome, quello di Byblos. Memoriale la sfilata per l'estate che riesce a conciliare lo spirito high tech della griffe con un anima più couture e sofisticata, dalle linee sinuose, impalpabili e delicate.
Ciò che fa la differenza potremmo dire! Una differenza che lo stilista non si esime dall'applicare anche nel repertorio maschile, dove l'accessorio diventa il punto forza, il mordente della personalità che lo indossa.


PRADA TREMBLED BLOSSOMS V.2


A conferma della partecipazione del marchio al mondo dell'arte e del design, Prada ha presentato all’Epicenter Prada di Aoyama, lo scorso 2 aprile, il nuovo episodio del cortometraggio animato “Trembled Blossoms”. Si tratta di un corto della durata di 25 secondi, dedicato alla collezione occhiali da sole primavera/estate 2008, che narra la sorprendente metamorfosi di una farfalla in un paio di occhiali, ritmata dalla colonna sonora di Frederic Sanchez. L’iniziativa è la continuazione ideale del cortometraggio originale (visibile al link www.prada.com ), punto di arrivo di un progetto - avviato la scorsa estate – che ingloba non solo la collezione moda, ma anche i tessuti, una scenografia per le sfilate, creazioni murali, set fotografici e film di animazione, in collaborazione con prestigiosi professionisti della scena internazionale. Il nuovo cortometraggio, diretto da James Lima, si ispira alle produzioni hollywoodiane degli anni ’30 e ’40, avvalendosi di moderne tecniche di animazione e della tecnologia Motion Capture.

L'EREDITA' DI VALENTINO




Elegante ed austera. Così viene definita l’ultima sfilata Valentino FW 08/09 firmata Alessandra Facchinetti da Giancarlo Giammetti, socio e compagno di vita di Valentino Garavani, padre storico del
la Maison, monumento di stile e coerenza, che dopo il tirocinio negli atelier di Jeanne Dessès e Guy Laroche, nel 1957 torna in Italia per aprire a Roma un laboratorio in via Condotti.Quest’anno la maison perde in un sol colpo il maitre di quella tonalità definita da Federico Zeri “Non rosso cardinale, non rosso tango, ma rosso Valentino”, e il gruppo che lo galvanizza e lo riporta ai vecchi fasti negli ultimi anni, quello Marzotto, che lascia il posto ad una società inglese chiamata Gruppo Permira, già titolare di brand come Hugo Boss.Austera, in quanto perde quella sua attitudine al lusso sfrenato, alla ricerca minuziosa del particolare e del sartoriale perfetto allontanandosi dall’idea di una femminilità algida e raffinata da esibire con orgoglio, per avvicinarsi ad un utenza più giovane, fresca e magari meno affezionata.Perde quel suo sintomatico e quasi febbrile attaccamento agli anni 80 della moda, ai ricami a volte forzati ma di grandissimo effetto per avvicinarsi a line più nette, più leggere e meno contorte.Un punto a favore di Alessandra Facchinetti? Magari è troppo presto per esprimere giudizi di valore anche perché sarebbe troppo facile farlo. Il problema centrale infatti non è lo snaturamento dei pièce de resistance della maison o la maison stessa, ma è il saper mantenere la riconoscibilità dei capi sapendo sfruttare la teatralità dello spirito proprio del marchio.Un’eleganza, quella by Facchinetti, molto contenuta rispetto al passato, quasi versaciana, dalla lucidità al colore dei materiali, con forme che a volte non accompagnano ma incartano il corpo. Una maison Valentino rimessa a nuovo quindi, che esaudisce le aspettative dei buyers e che mira a raddoppiare, o comunque a moltiplicare, il fatturato nei prossimi anni di lavoro. Long dress impalpabili, qualche fiocco, emblema della maison, qua e la, e qualche riferimento alla collezione Gucci fw 05, quella realizzata ancora dalla stessa Alessandra Facchinetti, come a voler lanciare un ponte di comunicazione con i suoi vecchi capi forza. “Non la conosco, ma spero abbia del buon sale in zucca”, la risposta del maestro dopo la nomina della nuova direttrice artistica. Il compito è arduo: uno dei primissimi fiocchi di Garavani presentati in passerella strappa un indimenticabile applauso della durata di dieci minuti, ed è sempre lui ad inventare l’uso del monogramma come elemento decorativo delle proprie creazioni come nella collezione bianca del 1968.Arduo è anche far fronte a quarant’anni di carriera in cui lo stilista ha saputo amabilmente vestire tutte le protagoniste dell’alta società internazionale segnando addirittura pagine di storia. Farah Diba fugge dal suo impero in mano agli ayatollah avvolta in un cappotto in cachemire noisette orlato di zibellino firmato Valentino, e in Valentino è fasciata Jackie Kennedy quando diventa la signora Onassis. Liz Taylor indossa Valentino quando incontra Richard Burton. Ma ora come ora il concetto di donna è cambiato. Nei front row delle sfilate è molto più facile vedere una Sozzani o una Wintour vestire Prada, esprimere non la propria femminilità, ma far perno sul punto forza della loro androginia. Ma anche questo è molto bello. Certo, nei front row, come in quello per la sfilata di Jean Paul Gaultier con la Dellera è stato anche molto facile incontrare un Prince che pretendeva che nessuno lo guardasse, tanto che si era venuto a creare un totale scompiglio nella sala. Ma ve lo immaginate? Very very Bizzarro. Ma questo è un altro paio di maniche.

domenica 13 aprile 2008

Arte contemporanea e Design.




Limited.
Guadagna spazio l’Art Design dove l’opera design, unica o ridotta a pochissimi esemplari, diventa valore di scambio come un quadro o una scultura, per cui il mercato del design può raggiungere quotazioni simili a quelle dell’arte. Il mercato è in via di espansione, fruttifero, tale da rappresentare un autentico investimento.
Oggetti del quotidiano come opera d’arte quindi. Tra 600 anni, sedersi su una Louis Ghost di Kartell sarà come riposare, oggi, sul Polittico del Carmine di Pisa di Masaccio, cenare sul tavolo“Anima Cobra” di Miss Baba sarà, tra 600 anni, come desinare su una qualsiasi madonna con bambino di Filippo Lippi. Confortante! Intanto il mercato del design continua la sua scalata nell’olimpo delle cosiddette “Arti Liberali”, con l’unica differenza che a sostegno di questa continua ascesa non ci sarà un Leonardo con la Gioconda o un Michelangelo con la sua Cappella Sistina, ma un Franco Raggi con la sua lampada da sospensione “Flûte” realizzata per Fontanarte, o l’azienda Italia Independent con i suoi vasi in tessuto termonastrato, bizzarri e carini da vedere ma molto poco funzionali.

sabato 12 aprile 2008

QUESTIONE DI TACCHI ( Scarpa senza tacchi o scarpa con due tacchi? )


C’è chi non riesce a salire con l’ascensore neanche al primo piano e chi è attratto dalla sensazione che restituisce un salto nel vuoto, c’è chi si alza la mattina con l’unico desiderio che la giornata lavorativa passi in fretta e c’è chi si alza la mattina infilandosi un paio di scarpine ricamate Alexander Mcqueen con la speranza che tutto possa andare per il verso giusto, che anche questa volta la fortuna possa baciarci ancora. Beh si, perché è di fortuna che necessita chi decidere di calzare ai piedi le scarpe per la collezione autunno inverno 08/09 di Alexander Mcqueen, simili alle chopines ma molto più teatrali, a due tacchi, allacciate alla caviglia, odiate persino da coloro che in antichità ne avevano veramente bisogno: le dame veneziane del ‘600 infatti si ritrovavano continuamente costrette a lottare sia con le piene del Canal Grande e della Laguna, sia con i problemi che un baricentro spostato per intere giornate può causare. Meravigliose! E fin qui ci siamo, possiamo capire ed entusiasmarci di questo remake calzaturiero della scarpa scultura veneziana, ma rimaniamo allibiti di fronte alla donna “astronauta” di Antonio Berardi che per la primavera-estate 2008 si veste integralmente di nuovo. Beh si, perché come potrebbe chiamarsi una donna che lotta con la forza di gravità e con l’inevitabile destino di dover ruzzolare per terra? E il problema non può nemmeno essere risolto. Le scarpe su cui le modelle “astronaute” sembrano così naturalmente in bilico sono nate senza tacco. Senza tacco e un plateau, di due o tre cm circa, da cui parte una suola che si inserisce rigida a metà pianta, sostenendo così il piede e fungendo da valvola di scarico per le forze agenti. Il rivestimento ovviamente in pelle di lucertola o serpente, come nella collezione Fall Winter 07/08 di Dior by John Galliano. Quando si dice che ormai non si inventa più nulla. Chi lo sostiene deve opportunamente ricredersi. Tutto si crea: è vero! Nulla si distrugge: chi riuscirà a distruggere il mito della nuova e meravigliosa scarpa senza tacco di Berardi? Tutto si trasforma: magari come ha fatto per la prossima stagione il nostro Alexander Mcqueen qualcuno riprenderà l’idea di Antonio Berardi e la riproporrà nel suo presente e nostro lontanissimo futuro.

Attualità Rinascimentale

No, non si è inventato più niente. I cento anni a cavallo tra il 400 e il 500 furono l’età più felice del genio ( e del genere ) umano. Non si è inventato più niente da quando in Pittura il Beato Angelico introduce la luce, Il Brunelleschi la prospettiva lineare, sostituendo quella trigonometrica o angolare, basata su un processo di razionalizzazione dello spazio detto “ad occhio”; da quando un messinese prestato a Venezia, un certo Antonello, realizza il (suo) foto ritratto di tutti i tempi, regalando al mondo l’ovale della sua Annunciata. Niente più dalla scultura invetriata di Della Robbia che trova il modo di invetriate la terra in maniera che “non potesse più essere offesa da acqua e vento”. Un anonimo dipinge la “ Città Ideale “: primo progetto urbanistico moderno. Prospettiva, geometria, matematica, ingegneria ed estetica in un mix perfetto. Eh, si, a giocare con la storia, quante cose che ci circondano nacquero nel Rinascimento. La prima biografia non autorizzata di un potente ( “Il Principe“ di Machiavelli, dedicato a Lorenzo il Magnifico ); il primo esempio di lotta contro la casta ( Cosa fu, se non un beppe grillo ante litteram, Girolamo Savonarola? ); la prima intrusione di un paparazzo con pennello nella privacy di coppia (la “Camera degli Sposi” del Mantenga, a Mantova); il primo red carpet (su un drappo di velluto rosso sfilano i fortunati ospiti ai banchetti di casa Gonzaga).

Non scherziamo!! Anche nell’emancipazione femminile il Rinascimento segna un punto cardine di non ritorno. Caterina Sforza è la prima donna dedita al mestiere delle armi; Sofonisba Anguissola la prima artista ufficialmente riconosciuta; Lucrezia Borgia la prima (ed unica finora) papessa vicaria, in sostituzione del padre Alessandro VI allontanatosi da Roma; Caterina de medici la prima first lady italiana alla corte di Francia mentre la duchessa Bianca Cappello chiede che il futuro sposo della figliastra “dimostri davanti a testimoni di saper fare il suo dovere da maschio”, per confutare il sospetto di avere “sì la materia grandissima, ma per questo fiacca e impotente a erigersi per penetrare in la natura della donna”. Cose straordinarie. Come quelle realizzate dal più grande personaggio femminile di tutti i tempi: Isabella d’Este. Grande statista, sostituisce, senza ascoltare gli ordini, il marito Francesco Gonzaga caduto in mani nemiche e lui scrive: “Perché Dio m’ha voluto dare una moglie che non si fa comandare?”. Grande stilista: con la sorella Beatrice ingaggia una vera e propria rivalità modaiola, mentre il re di Francia le chiede “bambole vestite all’italiana” per migliorare il look della sua corte. A Isabella dobbiamo il motto emblema del Rinascimento: Nec spe, nec metu”. Né con speranza, né con timore: affrontare il mondo a viso aperto, senza sperare troppo nel domani. Solo una donna, pragmatica, poteva capire che quell’epoca felice non sarebbe durata per sempre. Ci pensarono le guerre di religione a spegnere di nuovo la luce: dal sacco di Roma alla Notte di san Bartolomeo, passando per un papa tedesco (corsi e ricorsi storici teorizzati da Vico?), concili e battaglie di Lepanto, fino alla penombra e al pessimismo. Ci abbiamo provato spesso a rievocare come un mantra il ritorno del Rinascimento. Invano.

venerdì 11 aprile 2008

DINO VALLS E L'IPERREALISMO FIAMMINGO





Mancano l'odore e il colore del pigmento macinato a mano, Il Vermiglione, il drago rosso ricavato perfettamente in laboratorio, o le collaborazioni con nomi del calibro di Rogier Van der Weyden o Jan Van Eyck, ma la magia trasudata dalle opere di Dino Valls restituiscono, seppur in chiave contemporanea, lo stesso identico sentimento, le stesse identiche atmosfere che la pittura fiamminga del 400 ci ha abilmente tramandato. L'opera di Dino Valls e' di certo uno degli esiti piu' alti della scena pittorica spagnola, miscela di assoluta perfezione esecutiva e di un immaginario sconvolgente e perturbante che, in alcuni casi, lascia senza fiato lo spettatore dei suoi racconti. Forte di una formazione medica e chirurgica, Dino Valls sembra, a volte, saccheggiare tavole anatomiche e materiali illustrativi di patologie estreme; altre volte, pero', il senso di una santità autoflagellante, di tipica marca spagnola, prende il sopravvento: allora e' come se la fantasia sfrenata del martirio santificante, che passa attraverso una via di punizioni autoinflitte, non avesse piu' limiti e censure, raccontando masochismi palesi e sadismi celati.
Valls non e' affatto un pittore realista, semmai proprio il contrario. Arte, la sua, immaginativa e mentale, metamorfica, non di rado visionaria, sempre distaccata dal riscontro diretto con la natura, e tutta nutrita della storia dell'arte che fa dell'antico l'unico punto di riferimento auspicabile, in un contesto in cui anche un foglio di rosaspina accartocciato può diventare l'opera contemporanea più stimata del momento. L'artista di Zaragoza, che ora vive a Madrid, in un contesto del genere incarna a pieno titolo la provocazione contro chi sostiene " la morte dell'arte ", della sua anima, guardando al passato: come Piero della Francesca nello studio dei solidi euclidei così Dino Valls nello studio dei grandissimi artisti fiamminghi del quattrocento. Un grande profumo d'antico che sa di fresco, in un contesto storico artistico che guarda continuamente al futuro.
Approfondimenti su: www.dinovalls.com


giovedì 10 aprile 2008

Balenciaga Spring Summer 08 and Fall Winter 08/09 Womenswear





Si parla di scultura perfetta, ma non si parla di Michelangelo.
L'artista in questione è Nicolas Ghesquières, il Picasso della Moda, che a soli ventun'anni entra nello studio di Jean Paul Gaultiere per poi diventare, nel '97, il direttore artistico della maison Balenciaga, mantenedo fede e rivoluzionandone lo stile avanguardistico.
Due le sfilate riferimento: Spring Summer 08 e Fall Winter 08/09 rappresentano ciò che potrebbe essere l'orizzonte creativo prossimo verso cui tendere.
La prima ostenta i volumi delle spalle ad arco e i volumi concavi delle gonne quasi a simulare una clessidra aperta su gambe svettanti, ma anche sui lunghi sandali alla schiava reinterpretati magistralmente in chiave (grafica) Sioux. Una visione assolutamente moderna del colore: fantasie botaniche e suggestioni artistiche dagli impressionisti ai postmoderni prendono vita su corpi esili modellati da abiti futuribili eppure nostalgici della grande couture, tenuti insieme da suture "chirurgiche". La vertigine creativa continua di sera con i completi di mikado e faille cangiante e traslucido sostenuti dal neoprene che modella silhouette rigide e corpose ma non stiff dove i riflessi metallici dei rasi doppi sembrano creare un effetto di liquefazione, come piombo colato. La costruzione é eccellente. Molto belli gli abiti con la stampa check e quelli che al posto delle maniche a palloncino hanno bouquet floreali. Al maestro di Getaria la collezione sarebbe piaciuta sicuramente.
Nella seconda collezione presa come riferimento ( Fall Winter 08/09 )
viene conciliato il retaggio sartoriale del couturier basco con spunti futuribili e accenti fetish, giacche grigie doppiopetto con spalle ad arco un po’ anni’80 ma rivisitate nei tagli e nelle cuciture moderniste che lanciano una direttrice coomunicativa con un tema avviato con la collezione botanica della stagione precedente. Così le giacche scultoree in neoprene e lattice come corazze siderali si sposano con castigate gonne a tubo. L’atmosfera ricorda quella della corte dei reali di Spagna: non a caso certi imprimé traslati su seta e neoprene sono mutuati dalle tele di Velàzquez, pittore di Filippo IV d’Asburgo. Suggestivo l’incipit dello show affidato a silhouettes dark che rileggono il piccolo abito nero passepartout illuminato da bijoux di cristalli e lo ravvivano con giochi di pieghe disposte con perizia, a enfatizzare il ritmo geometrico dell’evoluzione della forma.
Non facile da digerire ma shockante, più che abiti sartoriali vere e proprie sculture. Lo definirei un perfetto remake contemporaneo dei costumi di "Arancia Meccanica"
di Stanley Kubrick del 1971.

Prada Fall Winter 08/09 Womenswear.


Si parte con la moda: si parte con Prada.
Chi non ha mai sentito parlare di Prada? Chi non ha mai desiderato indossare, almeno per una sola volta, uno di quei meravigliosi capi disegnati dalla nostra cara amica Miuccia? Alternativi, vivaci, difficilmente inosservati.
Collezione Fall Winter 08/09.
Riporto qui di seguito un'affermazione della stilista tanto cara all'imperatrice della moda Anna Wintour: "Sono rimasta folgorata dal pizzo e l’ho fatto mio per una collezione tutta giocata sul sex appeal e sull’eleganza in un’accezione sicuramente sui generis”. Lady Miuccia proprio non ci scivola nella trappola della banalità e conia un nuovo statement di moda alta e equilibrata anche se pervasa da una sottile vena ludica che ne fa una interprete d’eccezione del suo tempo. La scenografia sembra il set di un film noir. La vedette è una lady dalle chiome raccolte in reti di lattice dark. Indossa camicie castigate, abiti e giacchine di pizzo macramè o Marescot, azzurro, beige, nero, oro o arancio, molto simile a quello usato un tempo da Yves Saint Laurent e Balenciaga e dunque rarissimo, e perchè no, vicino anche all'anima un pò sadomaso di Dolce e Gabbana, specialmente in quelle gonne vedo non vedo dall'apertura geometrica sul di dietro. Un pò una caduta di stile direi, o almeno, diciamo che non se ne avvertiva tanto il bisogno. Il pizzo decora silhouette nette e definite da spalle pronunciate. Le scarpe sono gioielli di sottile crudeltà estetica e sembrano “fiori del male”: sui tacchi a banana si arrampicano petali di nappa e sfoglie di lattice mentre le borse, come gli abiti neri dell’incipit, sono adorni di ampi volant che sembrano orecchie d’elefante. Tutto crea una donna incisiva, dall'anima libera e all'apparenza forzatamente castigata da colletti in stile carmelitana, lungi dall'essere semplicemente scalza e forte dall'essere copiosamente in bilico su tacchi a spillo.


mercoledì 9 aprile 2008

Apertura della Prima Parete.

Prima Parete apre.
Un open space di comunicazione, un meeting di segni da discutere e commentare.
La Prima Parete è un "muro" immaginario, attraverso il quale si osserva l'azione che si svolge nel mondo dell'opera rappresentata, che sia moda, design, arte in generale o quotidiano. Un posto sul quale affacciarsi e conoscere.
Eccola, elegante, anticonformista, pronta ad ospitare pensieri che muoveranno il pennino.
Neri come l'inchiostro, come il segno. Un semplice vezzo? No, qualcosa di più.
Un piacere condiviso con altre persone che ancora oggi pensano e scrivono con il piacere anche di strappare , appallottolare, cestinare il foglio e... ricominciare.
Con il segno!