sabato 12 aprile 2008

Attualità Rinascimentale

No, non si è inventato più niente. I cento anni a cavallo tra il 400 e il 500 furono l’età più felice del genio ( e del genere ) umano. Non si è inventato più niente da quando in Pittura il Beato Angelico introduce la luce, Il Brunelleschi la prospettiva lineare, sostituendo quella trigonometrica o angolare, basata su un processo di razionalizzazione dello spazio detto “ad occhio”; da quando un messinese prestato a Venezia, un certo Antonello, realizza il (suo) foto ritratto di tutti i tempi, regalando al mondo l’ovale della sua Annunciata. Niente più dalla scultura invetriata di Della Robbia che trova il modo di invetriate la terra in maniera che “non potesse più essere offesa da acqua e vento”. Un anonimo dipinge la “ Città Ideale “: primo progetto urbanistico moderno. Prospettiva, geometria, matematica, ingegneria ed estetica in un mix perfetto. Eh, si, a giocare con la storia, quante cose che ci circondano nacquero nel Rinascimento. La prima biografia non autorizzata di un potente ( “Il Principe“ di Machiavelli, dedicato a Lorenzo il Magnifico ); il primo esempio di lotta contro la casta ( Cosa fu, se non un beppe grillo ante litteram, Girolamo Savonarola? ); la prima intrusione di un paparazzo con pennello nella privacy di coppia (la “Camera degli Sposi” del Mantenga, a Mantova); il primo red carpet (su un drappo di velluto rosso sfilano i fortunati ospiti ai banchetti di casa Gonzaga).

Non scherziamo!! Anche nell’emancipazione femminile il Rinascimento segna un punto cardine di non ritorno. Caterina Sforza è la prima donna dedita al mestiere delle armi; Sofonisba Anguissola la prima artista ufficialmente riconosciuta; Lucrezia Borgia la prima (ed unica finora) papessa vicaria, in sostituzione del padre Alessandro VI allontanatosi da Roma; Caterina de medici la prima first lady italiana alla corte di Francia mentre la duchessa Bianca Cappello chiede che il futuro sposo della figliastra “dimostri davanti a testimoni di saper fare il suo dovere da maschio”, per confutare il sospetto di avere “sì la materia grandissima, ma per questo fiacca e impotente a erigersi per penetrare in la natura della donna”. Cose straordinarie. Come quelle realizzate dal più grande personaggio femminile di tutti i tempi: Isabella d’Este. Grande statista, sostituisce, senza ascoltare gli ordini, il marito Francesco Gonzaga caduto in mani nemiche e lui scrive: “Perché Dio m’ha voluto dare una moglie che non si fa comandare?”. Grande stilista: con la sorella Beatrice ingaggia una vera e propria rivalità modaiola, mentre il re di Francia le chiede “bambole vestite all’italiana” per migliorare il look della sua corte. A Isabella dobbiamo il motto emblema del Rinascimento: Nec spe, nec metu”. Né con speranza, né con timore: affrontare il mondo a viso aperto, senza sperare troppo nel domani. Solo una donna, pragmatica, poteva capire che quell’epoca felice non sarebbe durata per sempre. Ci pensarono le guerre di religione a spegnere di nuovo la luce: dal sacco di Roma alla Notte di san Bartolomeo, passando per un papa tedesco (corsi e ricorsi storici teorizzati da Vico?), concili e battaglie di Lepanto, fino alla penombra e al pessimismo. Ci abbiamo provato spesso a rievocare come un mantra il ritorno del Rinascimento. Invano.

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