lunedì 3 agosto 2009

Dalla parte delle pecore nere!



Ero attaccato alla mia enorme borsa stampa cocco, lucida come uno scarafaggio appeso al braccio, avevo optato per la camicia a quadretti rossi e bianchi, perchè i quadretti sono più intellettuali delle righe... avrei ascoltato quelle quattro canzoni divertenti vomitate in quel concerto, anche per fare un piacere a Beniamino che ci teneva tantissimo, e sarei ritornato a casa con la sola voglia di spogliarmi e vestirmi delle bellissime parole della Mazzantini, un vestito cucitomi addosso, una livrea che mi avrebbe avvolto completamente, solo per scoprire come sarebbe avvenuta la morte di Diego, la fine di Emma, del bambino blu morto in guerra. Una signora, invischiato di colla e attaccato alla terra, mi sentivo totalmente fuori dal mondo, come se stessi guardando questa bolgia saltellante, in preda a crisi da sgomitata, dall'alto dei miei pensieri più intimi, sicuro che gente del genere non avrebbe potuto donarmi nulla, nient'altro che fastidio.
Delle pecore nere, mi saltavano addosso, con i loro capelli lunghi cantando a memoria tutti i testi del Dottor Caparezza, puntavano qualcuno scaraventandovi addosso il proprio corpo, di peso, come un amo gettato in mare a sfamare i pesci, a sfamare la loro voglia di andare completamente in rovina, di saziare la loro fame di divertimento.
Vecchio, come un torsolo di mela ossidato all'aria, duro, secco, in questo mare di divertimento il mio unico riflesso era un sorriso, un piede lasciato a ciondolare, a cavalcare una serie di note gettate nell'aria a infrangersi con la mia alta marea, col mio distacco dal mondo.
Ero una pecora nera anch'io, al pascolo, mosso da fame chimica assieme al gregge, a saltellare, a pogare trasportato dalla corrente che scolora, nella fuliggine di un concerto... ora invece mi ritrovo invizzito, ho perso lo zoccolo duro della mia giovinezza, il dente dell'epistrofeo attorno a cui tutto ruota, la mia bellezza, l'incoscienza e l'assenza di paura...
La scorza è grigia, butterata... da una maxibag, da una camicia a quadretti, da un infradito di pelle... le scarpe di ginnastica appese al chiodo, senza lacci, senza anima. Pecore nere, a torso nudo, maschere di una gioventù che a tratti mi è sembrata troppo forzata, diluita, stretta con i denti per non farsela scappare dalle mani... ti lasciano qualcosa nel fondo: la voglia di vivere senza compromessi, la leggerezza, l'assenza del disagio, la libertà di una briglia sciolta... un paio di occhi nuovi, gli altri rotolano giù come pietre, per vedere, per sorridere, rallegrarsi... e magari ricominciare ad essere giovani.

6 commenti:

Gan ha detto...

Nere o bianche, le pecore migliori sono quelle che non appartengono ad alcun gregge. Quelle la loro bellezza, la loro giovinezza, la loro incoscienza e la loro forza non la perdono mai.

Dudù (Schimera Antonio) ha detto...

E' difficile non appartenere al gregge... anche un brillante multisfaccettato è carbonio puro come lo sono tutti i diamanti grezzi della terra... penso si possa essere puri nel gregge ma non puri e basta. La vita è un flusso continuo, una corrente, un fiume, prima o poi ci si incontra, se non per strada, nel mare.

Gan ha detto...

Un conto è esserci, nel gregge; un altro conto è appartenervi.

Dudù (Schimera Antonio) ha detto...

E un altro conto è fare retorica. Una pecora nel gregge fa gregge... può anche pensare di non appartenervi ma di fatto vi appartiene. Pensiamo un pò tutti di essere fuori dal coro ma beliamo all'unisono pascolando lo stesso prato.

Gan ha detto...

Dudù, hai ragione.

Cool Chic Style Fashion ha detto...

l'importante è lottare e portare tutti dalla propria parte ..del prato ;)